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Opere di trasformazione nel settecento della Certosa di Pisa

Col priorato del milanese Alfonso Maria Maggi entriamo in un altro periodo di attività durata oltre trent’anni (1764-1797) sulla quale egli più che una sorveglianza amministrativa volle esercitare una vera direzione tecnica, proponendo disegni, modificando quelli presentati dagli artisti, suggerendo correzioni, stimolando l’esecuzione e procurando di persona a Pisa, a Livorno, a Lucca, a Firenze ed altrove i materiali occorrenti. Quest’uomo, che nei gustosissimi Registri di spese c’informa fino alla minuzia dell’andamento quotidiano dei lavori, che raccolse in vari volumi i ricordi della sua Certosa di Pisa, che alternava la composizione di un sermone ascetico – ne scrisse tanti – con la discussione di un progetto edilizio, e visitava i Monasteri della provincia religiosa, e dei viaggi a Grenoble per il Capitolo dell’Ordine lasciava descrizioni interessantissime, chiude degnamente la storia del Cenobio pisano nel secolo XVIII. II continuo accorrere di visitatori cospicui alla Certosa per l’importanza acquistata dal Monastero sugli altri di Toscana, l’opportunità di propiziarsi la Corte Lorenese ospite frequente della casa, consigliavano la destinazione di una parte separata del fabbricato per queste Decorrenze, alle quali in età più tranquille provvedevano una foresteria al lato della Chiesa (1392) ed un’ altra con accesso dall’esterno del Convento, menzionata nelle carte del 1412. In questo appartamento di parata ottenuto per via di demolizioni e di rialzamenti nel fianco conventuale che guarda la rocca della Verruca, furono adoperati l’architetto Nicola Stassi coi costruttori Gian Battista e Michele Toscanelli, tutti di Pisa. Vi lavorarono il Somazzi di stucchi e di riquadro il pisano Luigi Pochini che ebbe ad operare anche in tutte le parti attigue ; ma per le figure in chiaroscuro ai soffitti, alle pareti, ai corridoi, fu chiamato da Firenze Pietro Giarrè che dimorò a tutto suo agio in Certosa alternando il suo lavoro con la decorazione di ville signorili nel pisano e di saloni nel Palazzo Arcivescovile, conosciuto com’era per artista di grande perizia.


La Foresteria, preparata con lusso di mobilio e di tappezzeria secondo il gusto del tempo, a fine del 1774 era pronta. Questi lavori però non distoglievano il Priore Maggi da altri progetti ben più importanti. Primo, la sistemazione della facciata della Chiesa che nel rivestimento marmoreo coronato dal timpano – come ai primi del secolo l’aveva condotta lo Zola – si presentava assai più ristretta dei ballatoi della scala. Abbandonato il motivo di un rifacimento totale, concretava coll’architetto Stassi quello dell’allargamento nei fianchi, che creando un organismo più ampio della misura del tempio doveva più tardi portare anche ad un ingegnoso rialzamento. Vi lavorarono i carraresi Pompeo e Pietro Franchi e Nicolao Franchini dal 1772 al luglio del 1773 innalzando due campate intermedie a pilastro fino all’altezza della cornice e due esterne di minori proporzioni, raccordate colle ali del Monastero di Pisa, intanto che Diego lori di Carrara preparava su disegno del Giarrè le statue della Fede e della Speranza da collocarsi sul portale e le altre di S. Ugo e S. Anselmo destinate ai fianchi della grande finestra. Ma si attese fino al 1780 la messa a posto di queste e di altre statue eseguite dallo stesso lori: l’Assunzione di Maria, S. Giovanni Evangelista e S. Gorgonio. La Vergine Assunta su di un imbasamento triangolare di nubi e di angioli fu posta a coronamento della facciata, perché parve all’architetto questo l’unico ripiego per dare un aspetto di elevazione all’intero edifico. Il ritardo si dovè a ragioni fiscali: la Camera Granducale, a proteggere 1′ industria marmifera in Toscana, essendosi trovate nuove cave a Monsummano ed a Campiglia, aveva inasprito la tassa doganale sul!’ importazione dei marmi forestieri lavorati, ed il Priore Maggi si era recato a Firenze per chiedere a Pietro Leopoldo I – l’ospite abituale del Monastero di Pisadi pagare soltanto la gabella dei marini greggi. Alla sistemazione della facciata della Chiesa era connessa quella dell’intera fronte del Monastero di Pisa che, come si vede in una riproduzione della fine del seicento, aveva uno sviluppo minore a sinistra. Risoluto di “tirare avanti la facciata del Monastero dalla parte della vigna con uguagliarla all’ala di verso 1’orto non soltanto per ragioni di estetica ma anche per la necessità della casa” il Priore Maggi affidava nel 1774 allo Stassi questo lavoro che richiese circa dieci anni e che portò l’aggiunta di altre quattro cappelle al piano nobile, di una serie di celle per Conversi a quello superiore, e di locali per diversi usi a terreno. Col loggiato a due ordini nel lato minore a sinistra e con la prospettiva a grotteschi in quello di destra, composta da Angiolo ed Erasmo Somazzi, motivo comune nei giardini del sec. XVIII, la veduta esterna della Certosa veniva a prendere un carattere omogeneo e formò la delizia dei disegnatori di quel tempo, a giudicare dalle tante riproduzioni che ci sono rimaste. Il medesimo architetto lavorava in quegli anni alla cappella del Capitolo togliendole il primitivo a-spetto per l’acquisto di una limitata porzione di spazio. Nel Refettorio, dove la costruzione delle volte e la sistemazione dell’attiguo corridoio aveano nei lati minori e nella parete di destra già sacrificato le ogive trecentesche, togliendo luce, ugual sorte subivano quelle di sinistra, ora sostituite da nuove aperture a lunetta. Nel 1776 vi dipingeva il Giarrè dei soggetti suggeriti dalla destinazione stessa della sala e poi passava a colorire il Capitolo.

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