Cinquant’anni di lavoro nell Certosa di Pisa

Sull’edificio monastico si levava il campanile cuspidato in laterizi, come si vede in una riproduzione da un dipinto murale. Appoggiato alla parete esterna era una continua minaccia per la solidità del tempio e della cupola absidale. Passati venticinque anni dalla fabbrica del chiostro di Pisa, ogni abbellimento si concentrò nella chiesa dove le maestranze furono occupate fino al 1727. Fissiamo questa data, non tanto per documentare l’ininterrotta continuità dei lavori quanto per dar ragione della esuberante ricchezza portatavi nei marmi e nei dipinti, ricordando che le stesse esigenze decorative dominavano dovunque su larga scala. Con due maestri lombardi, Antonio Mota ed Antonio Monaci, aveva inizio una vera trasformazione architettonica del tempio. Costoro innalzavano sugli scomparti le volte a nervature di stucchi occultando la travatura trecentesca ed il timpano delle finestre ogivali, come si è potuto di recente verificare negli avanzi messi in luce all’esterno dei muri. La bottega dei Monconi tornava a fornire nel 1677 i marmi per il Ciborio e per il nuovo altare che addossato alla parete dell’abside portò alla chiusura di un’antica polifora. Vi lavorarono di scultura fino al 1681 Gian Francesco ed Alessandro Bergamini con altri carraresi fra i quali Bartolommeo Pancetta, Francesco Pancini, Giulio Fucigna e Francesco Bacciali: tutti ai servizio dei duchi Cybo di Massa ed autori di opere pregiate in Lunigiana, in Versilia, a Pistola, a Piacenza. Finita la decorazione marmorea nell’abside, il certosino Don Stefano Cassiani, Procuratore del Monastero di Farneta, affrescava nel 1685 la cupola ed il presbiterio. A dipingere la Chiesa furono chiamati degli artisti emiliani rinomati in Bologna ed altrove per affreschi eseguiti in chiese e palazzi: Giuseppe e Pietro Roli, associati per il riquadro coi fratelli Paolo Antonio e Rinaldo Guidi : una ricercatissima maestranza del barocco, levata a ciclo dagli storici d’arte del settecento. Accettando costoro il lavoro per la nostra Certosa nell’agosto del 1700, posero per condizione “la libertà de’ pensieri convenienti alla loro pittorica operatione acciò maggiormente possino far conoscere la loro virtù, informando al possibile l’opera da farsi con l’opera già fatta, e ornandola di quadratura, prospettiva, fiori, frutti ed altre figure che occorreranno ad arbitrio dei detti pittori”. Nel marzo del 1701 avevano già preparato i cartoni. Il lavoro cominciato nel maggio successivo fu condotto fino agli ultimi mesi del 1704 coll’ausilio di un ornatista pisano, Luca Bocci, dopo la morte di Paolo Guidi.


Nel vestibolo, limitato da una spalliera marmorea costruita nel 1703 da Giuseppe Bambi da Settignano che scolpì anche i portali della Chiesa, furono rappresentate le tavole della Legge, la caduta della Manna, l’allegoria della Religione, l’adorazione del vitello e l’ira di Mosè ; nel coro dei Monaci: il Sacrificio noetico, il serpente di bronzo, l’acqua scaturita al tocco della verga, il Sacrificio di Elia al cospetto del popolo e dei sacerdoti di Baal: scene allusive alla Messa. Coll’ampliamento della sagrestia (1713) – dove Giovanni Ciceri e Carlo Quadrio lavoravano di ornati e stucchi, il pisano Giacobbi intagliava le porte e gli sportelli alle pareti, e un’ altra maestranza inviata da Bernardo Monzoni di Carrara (1727) lavorava il pavimento a marmi bianchi e neri di squisito disegno – la decorazione della Chiesa condotta senza soste per cinquant’anni (1677-1727) poteva ritenersi compiuta. Ali’ esterno nel 1718 due altri carraresi costruivano in marmo una scala d’ accesso in sostituzione dell’antica. Si era compiuto pure il rivestimento marmoreo della facciata su disegno di Carlo Zola da Vareae ; ma quest’opera sarà ripresa sessant’ anni più tardi con altri intendimenti. Né vanno dimenticati il livornese Angiolo Somazzi che nel 1748 decorava a st
ucchi la cappella della Maddalena e nel 1751 quella di S. Bruno dove ebbe a costruire anche l’altare, ed Agostino Veraccini che in questo stesso anno dipingeva per la cappella del Capitolo la tela di S.Gorgonio.

Marzo 26th, 2009 by