Cosa visitare a Grosseto

Per visitare Grosseto occorrono tempi particolarmente lunghi: una visita a San Lorenzo, la cattedrale, un’altra a San Francesco, un’occhiata magari alle mura medicee che cingono il vecchio centro e che coi loro bastioni trasformati in giardini pubblici hanno meritato alla città l’appellativo di “piccola Lucca”; finalmente una visita al Museo Etrusco : dopodiché, il turista frettoloso è bello è soddisfatto.

E’ certo, Grosseto non vedrebbe in giro per le sue strade nemmeno dei turisti frettolosi, se non si trovasse su un’arteria vitale come la Via Aurelia e per di più non fosse l’unico grosso centro tra Livorno e Roma: sicchè molti bus turistici scelgono Grosseto come tappa nei loro itinerari in Toscana.

In effetti, non c’è molto di artistico né di antico da vedere a Grosseto. San Lorenzo ha subito tanti di quei rimaneggiamenti e restauri nel corso dei secoli che non può certo competere con le superbe cattedrali, perfettamente conservate, di tante cittadine toscane.


Della primitiva costruzione romanica, eseguita tra il 1190 e il 1250, non rimane che una rozza mezzaluna posta nell’interno sopra la porta maggiore.

Della successiva fabbrica gotica, iniziata nel 1294 dal senese Sozzo di Pace Rustichino, restano due bifore, un pilastro e un portale in una fiancata laterale; la facciata è stata talmente rimaneggiata che non serba pressoché nulla dei primitivi connotati.

 Il campanile venne eretto nel 1402. L’interno, diviso in tre navate, fu riattato nel Seicento e restaurato nell’Ottocento. Il pezzo artistico di maggior pregio è rappresentato dalla tavola quattrocentesca dell’Assunta, attribuita a Matteo di Giovanni; ma anche qui si è avuta una deturpazione, una barocca corona d’argento sovrapposta nel 1759, che stona tremendamente con la delicata pittura di scuola senese.

Meglio conservata è la chiesa di San Francesco, dove si possono ammirare alcuni affreschi, anch’essi di scuola senese.

Il Museo Etrusco possiede un abbondante materiale archeologico, in parte anche romano, frutto delle ricerche e degli scavi fatti a Roselle, Vitulonia, Statonia e in altre località della provincia di Grosseto. Il pezzo più pregiato è una collana d’oro del VI secolo avanti Cristo, trovata a Statonia, e che gli studiosi considerano il gioiello dell’oreficeria etrusca.Ma, ripetiamo, le attrattive artistiche della città non sono molte, e non possono quindi avere grandi risultati i pur lodevoli sforzi della Pro Loco e dell’Ente del Turismo, che, del resto, mirano più che altro a valorizzare i dintorni, cominciando dalle rovine di Roselle, distanti appena sei chilometri da Grosseto.

Con tutto ciò Grosseto non è un “paesone” anonimo, un luogo qualunque, un posto come tanti; al contrario, ha una sua precisa fisionomia, frutto di una storia veramente singolare : singolare e tragica. Vediamola brevemente. La prima menzione di Grosseto è contenuta in una vecchia pergamena; in un altro documento del 973 viene indicata come un castello.

Già prima del Mille è sotto la signoria dei potenti feudatari di Maremma, gli Aldobrandeschi. Nel 1138 papa Innocenze II vi trasferisce la sede episcopale dall’Etrusca Roselle, ormai decaduta e spopolata : Grosseto da questo momento diventa una città : e una città popolosa, se in una certa occasione è in grado di mettere in campo tremila armati.

Nel 1224, Grosseto passa sotto il dominio della Repubblica di Siena. Per oltre un secolo, si ha un susseguirsi di ribellioni, a volte coronate da successo; finché, nel 1336, i Senesi stabiliscono definitivamente la loro signoria su Grosseto, atterrando l’antica cerchia di mura. Ma intanto è accaduto qualche cosa che, indipendentemente dal volere degli uomini, segna il destino della città.

Questa era sorta sulla riva destra del fiume Ombrone, a una decina di chilometri dal mare : ma ecco che, in seguito alle eccezionali piogge verificatesi nell’anno 1333, l’Ombrone cambia letto, andando a scorrere un chilometro e mezzo a sud di Grosseto. Ma veramente strabilianti sono i mutamenti idrografici nella piana di Grosseto.

Nell’antichità c’era un grande lago, ne parlano alcuni scrittori latini; nell’epoca di cui stiamo parlando, esso è scomparso. Viceversa, quello che nell’antichità era un semplice seno marino, è diventato un padule, il padule di Castiglioni : a tal punto mefitico che nel 1 334 a Grosseto ha inizio’ Vestatatura, cioè l’abitudine degli uffici pubblici di sfollare in collina durante i tre mesi più caldi dell’anno.

La malaria non è certo un flagello sconosciuto nella millenaria storia della Maremma; ma ora comincia a infuriare con tale virulenza che Grosseto e la sua piana diventano un deserto. La dominazione senese non ne ha colpa; tanto è vero che quando si estingue, e sottentrano i Medici, granduchi di Toscana, la situazione non cambia.

Cosimo I e i suoi immediati successori cercarono bensì di far qualcosa per Grosseto: la cinsero nuovamente di mura, e concessero franchige e premi a chi venisse a stabilirsi in Maremma. Ma non riuscirono a far nulla contro la malaria, per cui Grosseto continuò a spopolarsi : ha 1340 abitanti nel 1640, ne ha 664 solamente quando Pietro Leopoldo di Lorena diventa granduca di Toscana nel 1765.

Pietro Leopoldo staccò la Maremma da Siena, ordinandola in provincia autonoma, sotto il nome di Provincia inferiore senese, con capoluogo Grosseto. Inoltre egli prese una serie di misure per incoraggiare il trapianto di popolazioni in Maremma : concessione gratuita di terre, rimborso parziale delle spese per costruire nuove case, abolizione di tasse e gabelle, affrancamento della proprietà da ogni specie di servitù. Sotto la direzione dello Ximenes, si diede quindi inizio ai lavori di bonifica. !
Questi provvedimenti furono decisi da Pietro Leopoldo dopo che un viaggio’ compiuto1 in Maremma subito all’inizio del suo principato gli aveva offerto il miserando spettacolo di una popolazione scarsissima, denutrita, semideficiente, che al più tardi ai primi di maggio abbandonava in massa le zone di piano per rifugiarsi sulle colline, dove la malaria mieteva meno vittime. Ecco del resto per dare un’idea dell’aspetto della Maremma a quei tempi, ciò che scriveva l’economista senese Sallustio Bandini nel 1 775 : « Chiunque, passeggiando la Maremma, vedesse quei fertilissimi campi ridotti in tal maniera selvaggi che neppure gli armenti vi pascolano, quelle ville abbandonate, quegli ulivi inselvatichiti, per non trovare chi il loro frutto raccoglie, tante abitazioni e interi castelli diroccati, non saprebbe persuadersi come non fossero effetti questi o di qualche nemica incursione o di qualche pestilenza straordinaria ». Ma gli sforzi di Pietro Leopoldo e dei suoi illuminati consiglieri non portarono molti miglioramenti: anche perché troppi pregiudizi viziavano allora l’operato dei tecnici : così si credeva che la malaria fosse dovuta alla mescolanza delle acque del mare con quelle dei paduli. Per di più durante la dominazione napoleonica i lavori di bonifica furono completamente abbandonati. Cosicché i granduchi lorenesi, una volta tornati al potere, dovettero ricominciare daccapo. Otre che sulle opere di bonifica vere e proprie si puntava anche sull’appoderamento delle campagne: perché solo la costante presenza dell’uomo poteva alla fine aver ragione della malaria. Ma la Maremma ingoiava capitali e vite umane, e tutto tornava al punto di prima. Gli scritti del tempo ci pongono continuamente sotto gli occhi episodi di questo genere: una famiglia colonica si stabilisce in un nuovo podere; passano poche settimane, la malaria mette fuori combattimento tutti i membri della famiglia, il superstite si trascina dal padrone e gli consegna le chiavi, prima di prendere anche lui la strada dell’ospedale. Il padrone non trova altri lavoranti, e il podere va in rovina. Le case abbandonate sono più di quelle abitate. Intere famiglie immigrate vengono distrutte dalla malaria. Di duecento greci, inviati dal granduca Ferdinando IV in una sua fattoria, non uno sopravvisse. « Come accostarsi a Grosseto, a Batignano, a Pagania) », scrive nel 1838 un viaggiatore terrorizzato, « quando dagli squallidi e rari abitanti di quelle solitudini ti senti ripetere il mesto proverbio: Grosseto ingrossa, fa la fossa, Paganico sotterra l’ossa? ». Tuttavia la popolazione della Maremma e quella del capoluogo aumentano lentamente; Grosseto però somiglia più a un accampamento di pionieri che a una città vera e propria. « Grosseto », così veniva scritto nel 1857, «appellasi città per le ragioni che ha sede vescovile, tribunale, magistrati, milizia più che non ne abbiano le altre città minori del Granducato; ma è città senza cittadini, paese senza paesani, un deserto per tre mesi dell’anno, un mercato’ per nove, e al mercato pochi conducono la famiglia, i più savi lasciano la moglie e i figli ». Né la situazione migliora con la cacciata dei Lorena e la costituzione del Regno d’Italia : che anzi per un venticinquennio la Maremma è lasciata in un vergognoso abbandono. Grosseto è il terrore degl’impiegati, che la chiamano la città dei tre P: Punizione, Prima nomina, Pensione.   Non per nulla Emilie de Marchi nel suo Demetrio Pianelli, per mettere maggiormente in risalto il triste destino del suo eroe, innamorato deluso e travet, lo fa trasferire a Grosseto. E a tutti sono note le novelle del Fucini e del Paolieri, e i quadri dei pittori macchiaioli, in cui sono rappresentati gli aspetti squallidi e desolati del paesaggio e la durezza della vita in Maremma.  Solo con il nuovo ciclo di bonifiche iniziato nel 1884, il problema del risanamento della Maremma comincia ad avviarsi a soluzione. Nel 1897 può essere finalmente abolita l’estatatura degli uffici. Grosseto ingrossa, cominciano a dire con soddisfazione i suoi abitanti : e non si riferiscono più alla malaria che ha come effetto di far gonfiare il ventre, ma all’aumento della popolazione, appunto. La città aveva quattromila abitanti nel 1861, ne ha seimila all’inizio del nuovo secolo, novemila alla vigilia della prima guerra mondiale, tredicimila nel 1921. La seconda guerra mondiale ha arrecato gravi distruzioni coi bombardamenti aerei del ’43-’44; inoltre la rottura degli argini ha portato a nuovi impaludamenti e alla ricomparsa, per qualche anno, della malaria; il 12 novembre del 1944 si ebbe anche un disastroso straripamento dell’ Ombrone, che allagò la città, distruggendo, tra l’altro, la maggior parte dei 70 mila volumi della Biblioteca Comunale. Ma si è trattato di mali passeggeri. Proprio in questo dopoguerra, infatti, lo sviluppo di Grosseto ha assunto un ritmo vertiginoso. Le statistiche dicono che nessun’ altra città italiana si è accresciuta tanto in proporzione. Secondo il censimento del ’46, gli abitanti di Grosseto erano ventiduemila; nel ’51, erano saliti a venticinquemila. La vecchia Grosseto è ormai solo una piccola parte della città; ed è andata anch’essa perdendo la sua fisionomia originaria. Solo in qualche stradina silenziosa, in qualche piazzetta appartata, è riscontrabile ancora un’aria vecchiotta, con le case antiquate, i giardinetti dove intristiscono le piante di limone, o magari qualche palma.  La popolazione è quasi interamente composta di immigrati, e i vecchi maremmani non riconoscono più Grosseto. La loro nostalgia e il loro campanilismo sono di un tipo particolare, dal momento che si fondano su ricordi recenti: i tempi eroici della Maremma risalgono infatti a pochi decenni or sono. I nuovi venuti e i giovani, com’è naturale, non lo sanno nemmeno, cos’era un tempo Grosseto. Sono orgogliosi della loro città perché la vedono ingrandirsi a vista d’occhio, perché la vita vi scorre fervida, perché la gente ha una mentalità moderna.    Grosseto è ormai protesa verso l’avvenire, verso un futuro di progresso e di benessere, posta com’è al centro di una provincia le cui risorse debbono essere ancora potenziate e sfruttate. Le miniere di pirite e di mercurio’ ne fanno un distretto minerario di prim’o’rdine; quanto all’agricoltura, essa ha grandi possibilità di sviluppo, grazie all’irrigazione, all’introduzione di colture intensive e specializzate, e di metodi più razionali di coltivazione. Secondo il censimento del ’51, la provincia di Grosseto aveva una densità di soli 47 abitanti per chilometro quadrato, un terzo della media nazionale. È prevedibile quindi un forte incremento di popolazione nell’immediato futuro. Grosseto seguiterà a ingrossare, diventerà sempre più attiva e più moderna.

Aprile 3rd, 2009 by